Sono passati nove anni da quando l’amico Attilio Andriolo scrisse questo articolo romanzato, che ripropongo in occasione del ventesimo anniversario della morte dell’Avvocato Giovanni Agnelli. La ritengo una preziosa reliquia, un carezzevole ricordo di una giornata particolare in cui si sono intersecati sentimenti forti che ci hanno accomunato e fatto riflettere sulla vita, sulla morte e su ciò che resta dopo avere dato tanto agli altri. E la principale interlocutrice di quel 21 Aprile 2014, in cui siamo andati ad onorare la tomba dell’Avvocato al cimitero di Villar Perosa, è stata la signora Amalia che oggi, purtroppo, non c’è più. A dircelo è stata la figlia, signora Elena Maccari, che mamma Amelia ha nominato nel corso di quell’incontro: “Ho due figlie juventine Elena e Maria, che abitano a Villar Perosa…”. Quella è stata un’intervista ad una donna che ha saputo manifestare tutto il suo disappunto in un mondo ingrato in cui non ci si rivedeva più e dove lo svanire di certi valori che erano ben saldi ai tempi dell’Avvocato Agnelli in quell’angolo di mondo della serena Val Chisone, oggi sembra che non siano mai esistiti. Le lacrime di Amalia ci hanno fatto intenerire e riflettere tanto, proprio nel luogo in cui anche solo un fiore rappresenta il ricordo e il rispetto per i morti che si associa al conforto per i vivi. Buona lettura.
Salvino Cavallaro
Villar Perosa (To), 21/04/2014 –
Villar Perosa per i tifosi bianconeri, ma non solo, rappresenta la località collinare dove la Signora del calcio italiano svolgeva ogni estate negli anni ’80 il ritiro pre-campionato. Questa cittadina della Val Chisone situata a poco più di 400 m. sul mare, ideale quindi per favorire l’ossigenazione e lo smaltimento delle tossine muscolari che si accumulavano durante la dura preparazione pre-campionato, è famosa anche per aver dato i natali a quasi tutti i membri della famiglia Agnelli, compreso quindi l’Avvocato, indimenticato e insuperabile presidente del club bianconero che qui si trova seppellito nella cappella di famiglia che domina dall’alto il piccolo cimitero di Villar Perosa.
Così in una fredda mattina di Aprile siamo saliti fin quassù, io e l’amico fraterno Salvino, giornalista che divide il cuore fra la passione granata e l’amore per la sua Milazzo, entrambi animati da un sentimento romantico di amarcord sui luoghi che furono calpestati dai tacchetti degli eroi bianconeri di quegli anni, ma con la voglia inconfessata di portare anche un semplice saluto e forse, chissà, recitare una preghiera davanti all’ultima dimora del presidentissimo .
Sorpresa e delusione si stampano però ben presto sui nostri volti, allorché ci accorgiamo che la cappella dove giacciono gli Agnelli è chiusa, ma che non lo è solo per quella giornata magari sfortunata per noi, ma lo è per tutto l’anno, tranne, come ci informa l’unica visitatrice presente quella mattina al Cimitero nel giorno della commemorazione dei Defunti, in cui viene aperta a quanti, tifosi bianconeri o meno, volessero visitarla.
La delusione si tramuta ben presto in rabbia, quando avvicinandoci con la speranza di sbirciare all’interno della cappella,ci rendiamo conto che pesanti lastre marmoree coprono alla nostra vista le tombe del mausoleo. “Sono messe lì perché gli uccelli, penetrando attraverso i buchi delle inferriate dei cancelli, portavano danno alle tombe”, così ci dice la nostra amica, forse per addolcire un po’ la nostra amarezza.
E’ così che, quasi naturalmente, inizia una sorta di intervista. Si proprio un’ intervista nel silenzio delle tombe di quel piccolo cimitero, fra una donna anziana che viene tutte le mattine in quel luogo triste, ma ben curato, dove riposa il marito e due siciliani,intirizziti dal freddo pungente che solo un giorno di primavera nella Val Chisone può regalarti, ma anche piacevolmente sorpresi da quell’incontro inatteso con una donna, di nome Amalia, abbarbicata ai suoi ricordi, alle sue radici: Villar Perosa, un tempo animatissimo e ricco paese di brava e bella gente, perché gli Agnelli sono stati la fortuna e la maledizione di questa vallata caduta in disgrazia come la Fiat. “Guardate giù, vedete? Il mio paese è deserto, non c’è più nulla, tutti hanno chiuso; i ragazzi scappano con la speranza di trovare un lavoro altrove. Anch’io ho due figlie Elena e Maria, che vivono a Villar Perosa”. Mentre parla i suoi occhi si riempiono di lacrime e il suo petto di sussulti. “ Quando veniva la Juve, sapeste che festa però ragazzi! Ricordo bene Trapattoni, si proprio lui, il mister:ha avuto tanto dalla Juve e dall’Avvocato… e adesso? chi l’ha visto? Non è più venuto neanche a portargli un fiore al nostro Avvocato! E così tanti altri come lui!Che pena!”. E’ un fiume in piena la povera Amalia, adesso che ha preso confidenza con i suoi interlocutori. “Tutto il paese si è arricchito con gli Agnelli e anch’io ho lavorato tanto, anche troppo. Così mi diceva mio padre, tuttavia, mi son fatta una bella casa con i risparmi messi da parte. Scusate per le lacrime, ma non le riesco proprio a trattenere! E’ anche la rabbia di assistere a tanta ingratitudine. La cappella? Dovrebbero curarla i giardinieriche si occupano della Villa degli Agnelli giù in paese, ma non vengono quasi mai; e dire che dovrebbero farlo gratis, dopo tutto quello che gli Agnelli hanno portato alle nostre famiglie.”
Fa più freddo di quando siamo arrivati o forse è lo sfogo di Amalia a raggelarci dentro.
L’intervista può bastare, ce lo leggiamo negli occhi io e Salvino.Non vogliamo affondare il coltello sulla ferita aperta e Amalia ci appare veramente prostrata. Le foto di rito alla nostra intervistata sulla scalinata della Cappella e ,prima di andare via, chiediamo ad Amalia se possiamo pubblicare il suo sfogo.
“Ma si….tutti devono sapere che non è consentito portare neanche un fiore sulla tomba dell’Avv. Agnelli”.
Parole sante! Del resto c’è chi si spinge facendo migliaia di chilometri fin quassù per testimoniare il proprio affetto immutato negli anni, davanti alla tomba di un uomo che ormai è entrato a far parte della storia del nostro Paese.
E anche se la vita di un individuo finisce in cenere con la morte, i valori, gli ideali, le illusioni che quell’uomo ci ha regalato, vanno ben oltre la sua morte; esse rimangono nella memoria dei vivi,consentendo così di lasciare quell’“Eredità d’affetti”, di Foscoliana memoria, che è garanzia per una sopravvivenza ideale dopo la morte.
“Aprite quella cappella e consentite l’omaggio alla tomba di Gianni Agnelli!”: è un invito ai suoi eredi che ci sentiamo di avanzare assieme ad Amalia. E chi si troverà a passare da queste parti la riconoscerà facilmente, perché ogni mattina non si stanca mai di pregare sulla tomba del marito con quegli occhi lucidi che non smettono mai di volgersi verso la cappella degli Agnelli e sulla sua Villar Perosa.
Ed è così che chi muore può essere ricordato dai vivi attraverso la sua sepoltura e dinanzi ad essa quei ricordi, rimpianti, insegnamenti che ci ha lasciato in eredità, daranno un senso e non renderanno vana la sua esistenza.
Attilio Andriolo